Progetto Kenya

in corso

BAWA LA HURUMA che significa L’ALA DELLA MISERICORDIA

È un progetto a sostegno dei più indigenti a Malindi.
E’ la costruzione di 8 casette (al momento sono completate solo 5 casette).

Un grande GRAZIE alle persone generose che hanno permesso tutto questo.

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 Martedì 6 giugno 2022

Nei primi giorni di giugno, il nostro amico sacerdote Fr. Malasi Bernard, si è recato sul posto per impartire la benedizione anche sulla quinta casa del villaggio di Bawa la Huruma, in Malindi.

La realizzazione della sesta casa

Un grande GRAZIE alle persone generose che hanno permesso tutto questo.

I racconti fin qui riportati, accompagnati dalle immagini che hanno voluto documentare ciò che con le parole volevamo trasmettere, hanno avuto lo scopo di affermare attraverso la successione dei progressi ottenuti nel tempo da quando, insieme a mia moglie abbiamo iniziato il cammino, rievocando in ordine temporale le più importanti tappe che si sono succedute.

Seguendo questo schema arriviamo all’ultimo obiettivo raggiunto ai nostri tempi:

– anno 2016: acquisto del terreno dove fare nascere Bawa La Huruma;

– anno 2017: recinzione del terreno e costruzione della prima casa;

– anno 2018: realizzazione delle fosse biologiche e della seconda casa;

– anno 2020: edificazione della terza casa;

– anno 2021: edificazione della quarta casa;

– anno 2022: edificazione della quinta casa;

– anno 2023: perforazione del pozzo e costruzione della sesta casa.

La convinzione, la determinazione e l’umiltà sono gli elementi che ci hanno aperto ad una
importante esperienza di vita.

Ripercorrerne la storia è come prendere in mano un libro, sfogliarlo pagina dopo pagina, e rivedere un cammino che si compone di due capitoli dove, nel primo troviamo i primi passi compiuti con Guglielmina, Mimma per gli amici, mentre nel secondo si procede in mancanza di lei, perché nel 2018 ci ha lasciati per andare in Cielo.

Con pochi risparmi accumulati nel tempo, avevamo potuto fantasticare pensando di poter trovare la forza e la capacità di far fronte, almeno in piccola parte, alla soluzione di alcuni
problemi quotidiani di alcune famiglie, conosciute durante le ripetute nostre permanenze in Kenya.

Con questo spirito, in sintonia con l’esperienza di Mons. Barbàra Vescovo di Malindi, abbiamo aperto il nostro orizzonte avvalendoci della Sua lunga esperienza in Africa.

Nella consapevolezza che per intraprendere il cammino che andavamo ad immaginare sarebbe stata necessaria, oltre alla nostra volontà, la collaborazione di altre forze per affrontare questa fatica, in modo particolare per individuare un terreno dove gettare le basi per il futuro.

Nel 2016, nella periferia sud della città di Malindi viene individuata una superficie adatta allo scopo, e dopo aver preso contatto con il proprietario del terreno giungiamo ad un equilibrato compromesso.

Al rientro dal viaggio, con forte entusiasmo ci adoperiamo per coinvolgere amici, parenti e conoscenti diversi, annunciando l’intenzione di trasformare in un atto concreto ciò che stiamo immaginando di realizzare su quel terreno, ma che solamente con il sostegno e la collaborazione di una ampia platea di sostenitori, potrà svilupparsi.

Con il ricavato derivato da alcune manifestazioni a carattere benefico, e il contributo ricevuto da un importante Ente disposto a sostenere l’iniziativa, nel 2017 diventa possibile circoscrivere il terreno con un’opera in muratura e costruire la prima casa.

Con maggiore intensità ed entusiasmo l’impegno diventa sempre più profondo. La forza generata dalle immagini che riportano le fasi operative e della casa appena terminata, sono l’elemento di sostegno alle parole riportate.
I fatti documentati spiegano la carica emotiva che portava a cercare altre risorse per proseguire.

L’informazione da noi divulgata in alcune parrocchie aderenti alla richiesta, aiuta a raccogliere nuove energie, strumenti necessari che in breve tempo consentono di stipulare un nuovo contratto con l’impresa costruttrice, concordare i lavori e le tracce per la seconda casetta, allacciata alla precedente recentemente terminata, da completarsi nei tempi stabiliti per il 2018, prima del nostro 14° viaggio di ritorno in Kenya.

L’arresto di tante attività verificatosi nei primi mesi del 2019, che ha causato enormi danni alle economie di tanti Paesi nel mondo, e numerose vittime conseguenti ad un disastro mai immaginato ai tempi nostri, si è forse trasformato in elemento di apertura verso il prossimo, accrescendo il “bisogno” o “dovere” di aprirsi anche piccole forme di donazioni per i più bisognosi.

Il “bisogno” di riprendere l’attività di informazione sugli avanzamenti raggiunti dal progetto del costruendo villaggio di Bawa la Huruma, ma soprattutto con il preciso scopo di mantenere attivo il programma ideato e organizzato con Mimma, recentemente andata in Cielo, danno origine a calorosi e concreti gesti di generosità così che, dopo due anni di forzata interruzione il programma può riprendere fino a portare nel 2020, la edificazione di una terza casa.

Il ritorno alla vita, come era sempre stata prima del “covid”, permette di aprirsi alle iniziative che avevano caratterizzato le nostre attività di ricerca di sostegni.
La “squadra” di lavoro, purtroppo, non era più composta dai “soliti due”.

Tuttavia, la Provvidenza interviene quando ormai pensi di essere arrivato alla fine del “viaggio” a causa della mancanza di forze necessarie per proseguire.

Ma i nostri programmi, a volte, trovano delle soluzioni impensate!!!

È così che l’incontro con una nuova persona, desiderosa di offrire il proprio impegno per questa “causa”, riesce a ricreare le condizioni e darne continuità promuovendo qualche attività utile allo scopo.

In breve tempo, grazie a tante conoscenze e amicizie personali, riesce a raccogliere una vasta adesione ad un pranzo organizzato con il preciso intento di trovare risorse utili per continuare quanto fin qui costruito nell’area di Bawa la Huruna.
Con immensa gioia, il risultato raggiunto si presenta decisamente molto gratificante per ripagare le fatiche agli organizzatori, e soprattutto per il suo contributo per il fine dell’opera.

In particolare è la presenza al pranzo di un carissimo amico, che nel 2015 aveva vissuto in nostra compagnia la sua prima esperienza in Kenya, il quale munito di alcune fotografie riportanti gli sviluppi e i progressi del nascente villaggio, le aveva utilizzate per presentare alla sua comunità il progetto di Mario e Mimma, che mi consegna un importante contributo.

Aggiunto quest’ultimo, al sostegno di un importante Ente, che fin dai primi passi di questo cammino ha sempre offerto il proprio sostegno, raggiungiamo la capacità di costruire nel 2021 una quarta casa.

La ritrovata forza ottenuta per merito della nuova collaborazione consiglia di mantenere viva l’informazione e, come si dice, a “battere il ferro fin che è caldo”.

Attraverso i racconti, la divulgazione delle notizie dello sforzo che stiamo affrontando per offrire un piccolo, ma importante contributo a chi ha subito forti disagi spesso provocati da abusi e maltrattamenti, accende sempre più il desiderio di partecipare a questa “gara di solidarietà”.

Tramite Rock no war, il sito di informazione dove si documenta e si ricorda lo scopo, proponendo gli aggiornamenti sugli sviluppi raggiunti, giungono altri contributi grazie ai quali nel 2022 è stato possibile costruire la quinta casa.

Questa storia ha provocato in me molte ansie, prima di fare ritorno nella terra che mi ha privato della mia compagna di 51 anni trascorsi insieme, facendomi accettare la consapevolezza che la vita insegna: le cose belle si conquistano “credendo, volendo e affrontandole” con molta umiltà, se davvero si desidera raggiungere ciò che ci si propone di realizzare.

Così, proseguendo il faticoso cammino, continuando a “seminare” mostrando le immagini della vita quotidiana della povertà conosciuta e vissuta in quei luoghi, ritornano alla mente i ricordi appartenuti anche alla nostra storia.

Nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale, quando la povertà accomunava la gran parte delle nostre famiglie, la fame ancora non era del tutto combattuta e risolta, non c’erano giochi per i bambini che, con qualche legnetto inventavano una immaginaria automobilina, giocavano in terra con le palline di terracotta, saltavano a quadrati alterni e incrociati in immaginari percorsi della settimana.

Episodi appartenuti al patrimonio del nostro “lontano vissuto”, li rivivevo nella sua più vera quotidiana attualità, proponendoli ai presenti con la convinzione di poter trovare la chiave per aprire le porte del cuore.

Sicuramente questa finestra ha aperto lo sguardo ad un orizzonte più ampio di quello nel quale arriva la nostra vista trovando una grande adesione e partecipazione al punto che con le adesioni pervenute a Rock no war è stato possibile costruire anche la sesta casa.

Sinteticamente il racconto rappresenta la storia di chi, con l’aiuto della Divina Provvidenza, non ha perso la speranza, pur avendo perso Mimma, la compagna di tanti anni trascorsi insieme.
Grazie alla generosità di tanti compagni di viaggio, ora riprende il cammino con l’obiettivo di giungere, quando sarà possibile, al completamento di tutte le otto case, disegnate sulla mappa topografica di Maktosha, periferia sud di Malindi, in Kenya, per regalare un sorriso a chi ancora necessita di tanto sostegno.

Grazie.
Grappi Mario
Serramazzoni 30 giugno 2023

 La realizzazione della quinta casa

Un grande GRAZIE alle persone generose che hanno permesso tutto questo.

Il racconto prosegue. La Provvidenza ci sta aiutando concretamente, e noi approfittiamo della Sua benevolenza. Ci rimbocchiamo le maniche. Proseguiamo con insistenza e determinazione per avvicinarci sempre più al raggiungimento dell’obiettivo.
In tutta verità, io stavo perdendo un po’ la forza di continuare; non lo posso nascondere, ma casualmente, un mercoledì mattina, usciti dalla messa, mi ha avvicinato una carissima persona che, essendo a conoscenza del progetto di Bawa la Huruma, quasi che si fosse resa conto dell’incerto momento che stavo vivendo, si è avvicinata per suggerirmi il nominativo di una sua amica, invitandomi a prendere contatto con la stessa per condividere le esperienze vissute in quell’Africa che ci aveva dato molto, ma che molto aveva chiesto alla mia famiglia. E’ bastato il primo incontro per trovare immediata sintonia, comprensione, e condivisione.
Con Mimma, nel corso dei sei anni che ci avevano fatto camminare in una nuova strada della vita, avevamo conosciuto, e incontrato tante persone, ma come diceva un grande scrittore, e poeta siciliano, “imparerai a tue spese che, nel lungo tragitto della vita, incontrerai tante maschere, e pochi volti”.
Posso tuttavia affermare che tante volte abbiamo trovato gente sensibile, persone che hanno creduto nelle nostre reali intenzioni, ma per trasformare le intenzioni in fatti concreti non bastano solo le belle parole, occorre collaborazione, condivisione, e soprattutto sostegno economico. Ecco allora che le parole di quello scrittore, a poco a poco, incominciavano a separare i volti, per distinguerli dalle maschere.
Il pensiero di offrire un poco del nostro superfluo, per donarlo al niente di chi faticava a trovare il mangiare quotidiano, veniva accolto con calorosi apprezzamenti, ma poi, spesso le belle intenzioni suscitate dai nostri racconti, al momento di trasformarle in gesti concreti, facilmente si aprivano ad un ampio elenco di difficoltà, certamente reali, che i tempi che stiamo vivendo ci mettono alla prova.
Quel giorno si è presentato un volto pieno di entusiasmo, di determinazione, e di desiderio di riaccendere quella luce che, piano piano diventava flebile e mi stava privando delle energie necessarie che avevano sempre contraddistinto lo spirito con il quale, negli anni dal 2012, ritornando in Africa insieme a mia moglie, aveva acceso forti entusiasmi.
Il desiderio di vivere l’esperienza della savana, respirarne i profumi, vivere i colori, osservare il cielo stellato nel buio più profondo, illuminato solamente dalle stelle, o dalla bianca luna, aveva motivato il nostro viaggio ispirato dalla passione per la fotografia. La vacanza era incominciata in un villaggio turistico, dove tutto era bello: divertimento, spensieratezza, cibo eccellente, bellissime spiagge, una vegetazione ricca di verdi palme, profumatissimi alberi di frangipani, e coloratissime bouganville; immersi tra palme di banane e maestosi alberi di eccellente mango. Si potrebbe definire un “paradiso terrestre”!!!!
Tutto questo splendore lo vive il turista che ha scelto una vacanza sulla costa orientale del Kenya, dove le acque tiepide dell’Oceano Indiano offrono il piacere di godere piacevolissimi bagni, coccolati dalle onde che fanno provare la sensazione di godere un rilassante idro massaggio, praticare immersioni e rilassarsi sotto il caldo sole africano. Come tutte le medaglie, anche questa bellissima facciata, ha il suo rovescio.
Le spiagge di questo bellissimo mare rappresentano una delle principali fonti di sostentamento di tante persone, donne e uomini che, da piccole baracche costruite come piccoli negozi, propongono ai turisti i prodotti del loro artigianato.
Per raggiungere il loro “negozio”, giornalmente fanno chilometri, e chilometri di strada a piedi, o utilizzando i Bajaj, motociclette taxi che ad un prezzo accettabile li portano dall’abitato alla spiaggia, e viceversa. Dopo avere trascorso l’intera giornata esposti al sole, al vento, e a volte anche alle intemperie, ritornano ai loro villaggi, a volte senza essere riusciti a vendere nulla.
Conversando con alcune di queste persone, fatta “amicizia”, con il dovuto rispetto, si cercava di entrare negli argomenti che potessero farci comprendere lo scorrere della loro vita.
Ascoltando quei racconti, a noi quasi impossibili a credere, nascono dubbi, poi trasformati in curiosità al punto di portarci, mia moglie e il sottoscritto, a ritornare a Malindi a distanza di soli tre mesi da quella vacanza, per conoscere quella realtà così diversa dal nostro quotidiano. Viviamo una esperienza indimenticabile!!!

Da quel mese di marzo 2013 incomincia un novo cammino della nostra vita. La precarietà di tante famiglie, legata in modo particolare alle abitudini fatte di tradizioni che, tra le 43 tribù distribuite nel territorio del Kenya, si differenziano, suscitano il desiderio di attivarci a favore di chi, nella fascia della costa orientale dell’Oceano Indiano, riesce a vivere solamente grazie all’unica fonte di lavoro: il turismo. In questo territorio non esistono industrie. Gli alberghi, e le strutture di accoglienza turistica danno lavoro al personale di servizio, ai pescatori che portano il pesce fresco ogni giorno, agli artigiani che lavorano manualmente il legno, ai commercianti che propongono stoffe, abbigliamento, e quant’altro.
La gran parte delle “famiglie”, ricche di bimbi di ogni età, spesso vivono in condizioni di forte povertà e faticano a rimediare il cibo, ma l’aspetto più precario è dato dalla difficoltà di poter accedere alle cure mediche. I farmaci sono molto costosi, e tante volte impossibili da acquistare. Questo panorama fa nascere in noi il desiderio di poter portare, almeno per alcuni di loro, uno spiraglio di miglioramento. Così, dopo aver preso contatto con un sacerdote della chiesa Cattolica Cristiana, decidiamo di aprirci alla collaborazione per la realizzazione di un villaggio di assistenza, che nel tempo assumerà il titolo di Pope Francis Home, pensato dall’allora Vescovo della Diocesi di Malindi, avente lo scopo di accogliere e assistere persone gravemente disagiate.
Terminata, e completata l’opera, resta in noi la volontà di proseguire questa iniziativa, e da qui, il progetto Bawa la Huruma, ossia L’Ala della Misericordia. Presto incomincia una esperienza unica nella nostra vita.
Non sappiamo se, e quando potrà essere portata al suo compimento, ma con forza riusciamo a fare costruire le prime due case in muratura, e con grande gioia, nel mese di novembre 2018, in occasione di uno dei nostri viaggi, possiamo vedere completate. Pochi giorni dopo, prima del nostro rientro in Italia, l’inaspettato, e impensato tragico evento dell’11 dicembre. L’anno successivo, quando ancora la diffusione del virus non aveva contagiato tanti Paesi, faccio ritorno in quella località. Nell’occasione, a causa del decesso del Vescovo, stabiliamo accordi con la Diocesi di Malindi, nella persona del Vicario, decidendo di continuare l’opera intrapresa. Dall’Italia, anche per effetto della tragica scomparsa di mia moglie, la solidarietà ha prodotto risultati importanti, al punto di consentire di giungere ai tempi nostri e vedere possibile il suo proseguo.
Ecco che, quel “volto” di cui raccontavo all’inizio del racconto, con molta convinzione mi affianca, mi sostiene, ma soprattutto mi sprona a non mollare.
In breve tempo contatta una struttura locale capace di ospitarci, per offrire un momento di convivialità a chi intende aderire.
Tante sono le persone desiderose di essere partecipi, e soprattutto di rendersi parte attiva per continuare a dare vita al progetto Bawa la Huruma; tra di loro non mancano anche ospiti che, nel ricordo di Mama MIMMA, sono venuti ance da lontano.
Nell’occasione, dopo aver esposto più approfonditamente lo scopo della “missione”, non è mancata la solidarietà, che unita al contributo ricevuto da un importante Ente nazionale, nonché a quanto raccolto in precedenti iniziative, ci permette di dare corso ai lavori della quinta casa. Nel successivo mese di giugno, grazie agli sforzi affrontati è così stato possibile ultimare anche questa opera.
Sinteticamente questa è la storia di chi, con l’aiuto della Divina Provvidenza non ha perso la speranza, e pur avendo perso Mimma, la compagna di tanti anni trascorsi insieme, grazie anche alla generosità e collaborazione di altri compagni di viaggio, ora riprende il cammino con l’obiettivo di giungere, un giorno, a completare tutte le otto case già disegnate sulla topografia di Maktosha, periferia sud di Malindi, in Kenya, e regalare un sorriso a chi ancora necessita di un particolare sostegno.

Grazie.
Grappi Mario
Serramazzoni 11 giugno 2022

Martedì 11 maggio 2021

è stata Benedetta e inaugurata la quarta casetta del progetto Bawa la Huruma in Kenya, dedicata a Mimma.

La realizzazione della quarta casa

Sono ormai trascorsi due anni da quando il Vescovo Mons. Barbàra è ritornato alla casa del Padre, e ancora non si è giunti alla nomina del suo successore.
Le difficoltà sorte per effetto della pandemia, che ha colpito tutto il mondo, rappresentano la causa di un forte rallentamento generale.
Chi si trova a dovere prendere decisioni per orientare le popolazioni a districarsi in questa difficile nuova situazione, combatte in un mare di notizie che a volte fanno fatica ad essere comprese, e possono addirittura disorientare.
Dopo il reale pericolo causato dalla impreparazione ad affrontare un fenomeno di così ampia portata, che può anche portare alla perdita di tante persone, vengono adottate diverse misure cautelative, e di limitazione per tante attività, con la conseguenza di importanti negativi effetti economici.
Anche la fascia costiera del Kenya subisce un forte e brusco arresto, soprattutto a causa della perdita della unica fonte di sostentamento: il turismo.
Le strutture di accoglienza rimangono senza richieste di permanenza. Gli operatori turistici disdicono e cancellano le proposte vacanziere così che, piano piano, costringono le suddette a rallentare fino a cessare definitivamente chiudendo, almeno temporaneamente le attività, nella speranza di ritornare a vivere tempi migliori.
Il personale dipendente perde il lavoro; i pescatori, che giornalmente rifornivano alberghi e ristoranti, si trovano senza domanda; gli artigiani, che producevano oggetti rivolti principalmente ai turisti, non hanno più potenziali acquirenti, e i loro articoli, ora rimangono sui banchi delle bancarelle a riempirsi di polvere. Insomma, il grave momento mette decisamente e pesantemente in forte difficoltà l’intera popolazione di questo territorio.
La proibizione agli spostamenti, assurdamente, impedisce anche i coltivatori di potersi recare nei campi della zona di produzione degli ananas, che rimangono a terra, non raccolti, a bruciarsi sotto il sole.
In questo quadro sinistro, l’anno 2020 va terminando, aprendo le porte al nuovo 2021, con la speranza che il nuovo anno porti cambiamenti tali da poter affrontare più serenamente il futuro che si prepara ad arrivare.
Nei primi mesi, forse a causa della posizione geografica, appena sotto l’equatore, dove la stagione calda incomincia verso il mese di novembre, e si protrae fino a marzo, i casi di contagio virale sembrano abbastanza ridotti. La gente deve trovare modo di affrontare la vita, e le attività quotidiane, seppur lentamente, riprendono il loro cammino.
Verso la fine del mese di febbraio, sentendo al telefono Fr Malasi, mi confida una notizia davvero importante: “la nomina del nuovo Vescovo è ormai prossima, mi dice, e presto potranno finalmente riprendere le normali attività diocesane”.

Il 19 marzo 2021 Mons. Willybard Lagho, sacerdote Kenyano, riceve l’incarico ufficiale e viene nominato Vescovo della Diocesi di Malindi.
Tre anni di governo provvisorio, sostenuto dal Vicario Don Albert Buijs, necessitano di un intenso lavoro al nuovo incaricato, per prendere conoscenza dello sviluppo e dei progressi apportati dal defunto Mons. Barbàra, ma soprattutto per affrontare problematiche sicuramente diverse dalle precedenti, vissute in un’area di sviluppo decisamente diverso e variegato.
Sin dai primi giorni Fr Malasi, che nel contempo ha assunto la guida della Parrocchia di St. Antony in Malindi, la più importante per ampiezza e controllo delle altre piccole chiese sparse sul territorio periferico, informa Mons. Lagho della esistenza del villaggio di Bawa la Huruma, tracciandone una ampia storia, nonché del triste evento che ha tragicamente visto Mama Mimma andare in Cielo.
Il desiderio di andare a visitare questa struttura rientra nei primi impegni che intende affrontare, ma pochi giorni dopo l’arrivo nella nuova Diocesi, purtroppo, rimane contagiato dal virus, e si vede costretto a prorogare l’uscita.
L’approssimarsi del Natale, nonché del secondo anniversario della dipartita di mia moglie, era rimasto vivo il suo ricordo tra i conoscenti più stretti. In particolare la sensibilità di un importante Ente che, sin dall’inizio dei primi lavori di realizzazione e sviluppo di questo progetto, ci aveva seguito e incoraggiato anche economicamente.

Grazie alla loro generosità l’edificazione di una quarta casa, ora diventava realizzabile.
Per festeggiare il Natale in famiglia, una signora kenyana nostra amica, che lavora in Italia, ritornava nel suo Paese per ricongiungersi ai suoi famigliari.
Questa opportunità mi ha consentito di fare recapitare all’amico Fr Malasi, parroco della parrocchia si St. Antony in Malindi, una seconda mattonella, con impressa una recente nostra l’immagine, scattata pochi giorni prima del triste evento, ed essere collocata all’ingresso della prossima casetta.
Nei primi mesi del 2021 con le risorse recuperate, nonché ad un mio personale contributo, si rende possibile confermare all’impresa costruttrice di iniziare i lavori della quarta casetta che inizieranno nella primavera avanzata per concludersi dopo due mesi.
Il giorno 11 maggio 2021, alla presenza di Fr. Malasi, e alcuni sacerdoti della Diocesi di Malindi, con l’assenza forzata del Vescovo che, come già riferito, a causa della malattia è stato costretto all’isolamento, anche la quarta casa viene benedetta e inaugurata.

Il successivo 1° luglio, ripresosi dal forzato impedimento, Mons Lagho può recarsi a far visita al piccolo villaggio di Bawa la Huruma prendendo visione dell’opera fin qui completata.
Un sentito ringraziamento, desidero rivolgere a tutti coloro che ancora una volta si sono prodigati dando fiducia, e offerto il loro sostegno.
Allo scopo di documentare l’opera eseguita allego a questo racconto alcune immagini rappresentative.

Grazie.
Grappi Mario
Serramazzoni 11 maggio 2021

Giovedì 8 Ottobre 2020

è stata inaugurata la terza casetta a Bawa la Huruma in Kenya, dedicata a Mimma.

 La realizzazione della terza casa

Il precedente sintetico racconto, riguardante la costruzione della seconda casa, necessita di una più ampia esposizione degli importanti avvenimenti che hanno segnato tristemente l’anno 2018: – il 5 gennaio, a seguito di un grave problema di salute, il Vescovo della Diocesi di Malindi, Mons. Barbàra Emanuel ofm cap, è ritornato alla Casa del Padre.
Questo evento ha provocato in noi una grande emozione spezzando la importante e sincera amicizia che ci aveva legati da quasi cinque anni.
Non potevamo mancare all’ultimo saluto, che dalla sede della scuola Cattolica in Malindi, veniva accompagnato da centinaia di persone. In segno di gratitudine e stima, una moltitudine di gente, di ogni credo religioso, ha desiderato essergli vicino per portare un ultimo abbraccio. Autorità Civili e Religiose si stringevano intorno alla salma nella cerimonia, in un caldo giorno di gennaio, allietato solamente da un moderato venticello che faceva sventolare, quasi in segno di saluto, le bandiere a mezz’asta in quel torrido fine di mattinata.
Mia moglie Guglielmina, a causa di importanti problemi di salute di sua mamma, non ha potuto accompagnarmi. Preso l’aereo a Bologna, dopo aver fatto scalo a Istambul, il giorno seguente arrivavo a Mombasa, dove il mio amico Salim mi attendeva per portarmi a Malindi. Appena in tempo per andare a procurarmi un po’ di provviste alimentari, poi raggiungere subito la chiesa di St. Antony, dove era già iniziata la cerimonia di commiato al Vescovo.
Terminata la mesta cerimonia, insieme a Fr. Malasi, sacerdote stretto collaboratore di Mons. Barbàra, ci siamo intrattenuti per i saluti, che non avevamo ancora potuto scambiarci, dandoci appuntamento per la mattina successiva a presenziare alla cerimonia ufficiale.
Il mattino dopo, per consentirmi di muovermi nella folla, e superare ogni controllo da parte degli addetti alla organizzazione, mi viene consegnato uno speciale lasciapassare che mi permette la più ampia mobilità durante la lunga cerimonia, avvicinarmi ai celebranti, alle autorità, e naturalmente anche alla tenda al centro del grande cortile, dove è collocata la bara del Vescovo.
Fissare le immagini di quelli che sarebbero poi diventati i momenti salienti dei toccanti ricordi di un Grande e Umile Uomo, Frate Cappuccino, che dal 4 luglio 2011, scelto da Papa Benedetto XVI, aveva aperto le speranze di tante persone, senza distinzione di razza o di religione, era per me un compito estremamente emozionante, commovente, e allo stesso tempo mestamente triste.
Tutto intorno le tende, allestite in un grande cerchio, offrivano ai presenti la più ampia visione dell’altare sul quale era collocata la bara, in un profondo silenzio accompagnato solo dal cinguettio delle rondini e degli uccelli che volteggiavano in quel cielo azzurro.
Al termine della solenne celebrazione, le spoglie del Vescovo vengono trasportate verso l’aeroporto per essere caricate sull’aereo che lo avrebbe portato nel suo Paese natale, Malta, dove all’arrivo gli sarebbe stata riservata l’accoglienza dei famigliari e delle autorità, prima di procedere alla definitiva sepoltura nel cimitero monumentale.

Durante il mio soggiorno prendo contatto con le autorità che, fino alla nomina di un successore, avranno il compito e l’incarico di proseguire i programmi del defunto Vescovo.
Il desiderio di garantire assistenza alle ospiti del Pope Francis Home, prima di riprendere il loro cammino autonomo, come da volontà di Mons. Barbàra, si potrà realizzare offrendo alla Diocesi di Malindi il nascente villaggio di Bawa la Huruma.
Trovandomi in Malindi, contattata l’impresa con la quale abbiamo dato inizio ai lavori del progetto, decidiamo di procedere agli scavi di tutte le fosse biologiche dell’intero complesso, comprese le future case ancora da costruire. Nel mese di febbraio iniziano i lavori che, con la sola mano d’opera e la forza delle braccia, vengono terminati nella prima decade del mese successivo.
Nel mese di maggio, ancora una volta da solo, per gli stessi motivi che hanno impedito a mia moglie di accompagnarmi nella trasferta precedente, posso ritornare in Kenya per concordare i lavori della seconda casa.
Definiti gli accordi e le tempistiche con l’impresa, stabiliamo che la costruzione inizierà nei primi giorni di giugno per terminare entro la prima quindicina del successivo mese di agosto.
Il 16 novembre, insieme a due nostri amici, che a seguito dei nostri racconti intendono unirsi per venire a conoscere quella realtà, si aggregano per una breve vacanza di sole due settimane, riprendiamo l’aereo per ritornare in Kenya.
Allo scopo di offrire la nostra più ampia collaborazione, e constatare ciò che noi stessi avevamo vissuto e raccontato, programmiamo un distensivo e piacevole safari fotografico di due giorni nel Parco Nazionale Tsawo Est, che si trova a circa km 150 da Malindi, per vedere e vivere le meraviglie della savana.
Rientrati da questa piacevole escursione, con grande piacere, li accompagniamo a visitare il costruendo villaggio di Bawa la Huruma. Successivamente, grazie alla collaborazione e la disponibilità di Fr. Malasi, ci inoltriamo in alcuni villaggi della savana per portare e distribuire un po’ di riso, farina, fagioli, zucchero ecc. alle famiglie che vivono in condizioni di forte disagio. Nei giorni successivi proseguiamo con le visite agli orfanatrofi, da noi conosciuti e frequentati durante le precedenti nostre permanenze, dove i nostri amici, toccati dalle reali necessità di aiuto di queste generose opere volontarie, si sono adoperati per offrire concretamente il loro sostegno e contributo.

Trascorse queste due settimane di vacanza, e salutata la compagnia, riprendiamo la nostra abituale attività andando a far visita, e portare assistenza alle famiglie e persone conosciute, offrendo loro solidarietà, consegnando abbigliamento, scarpe e qualche piccolo regalo per le mamme e per i bimbi.
-il giorno 11 dicembre, a soli 4 giorni dal nostro rientro in Italia, insieme al nostro amico Fr: Malasi ci stavamo recando, nel pomeriggio, ad incontrare alcune persone desiderose di fare la nostra conoscenza.
Durante il trasferimento da Malindi a Marereni, purtroppo accade l’impensabile: mia moglie Guglielmina è andata in Cielo.
A seguito di questi tristi avvenimenti, l’anno 2018 è un anno che non potrò mai dimenticare.
Perdere la persona con la quale ho vissuto 51 anni di vita, segna una grande trasformazione.
Credevamo fermamente in ciò che stavamo cercando di fare.

Alleviare anche solo un poco delle difficoltà a quelle persone, era per noi un motivo di grandissima gioia e soddisfazione.
A noi non manca niente, diceva sempre mia moglie.
Il nostro frigo è pieno di tante cose.
Tante volte spendiamo soldi in cose inutili e superflue.
Togliere un po’ del nostro tanto, e offrirlo per il loro poco, rende la vita più consapevole delle differenze che ci distinguono”.

Così era incominciato il nostro cammino.
Dopo il vuoto che mi ha lasciato inerme per un tempo relativamente lungo, piano piano, ritornando in me, ho ritrovato la capacità di ricordarmi delle nostre promesse.
Promesse fatte solo tra di noi, ma fermamente basate sulla convinzione che anche due semplici e anonime persone, quali noi eravamo, possono aprire spiragli di speranza a chi vive in condizioni molto diverse da quelle che il mondo occidentale, nella folle corsa quotidiana, ci costringe e ci sprona a consumare, ad esibire oggetti preziosi e di lusso, ad infangarci quotidianamente nel mare della invidia, della gelosia e della indisponibilità.
Ecco che, con la ferma volontà di onorare colei che da quel giorno è diventata il mio secondo Angelo Custode, sono riuscito a calarmi nella realtà, e ritrovando la forza che sembrava essersi allontanata da me, ho deciso che avrei dovuto fare in modo che il ricordo di lei venisse permanentemente tenuto vivo, proprio in quel villaggio che l’aveva vista, insieme agli addetti dell’impresa, quel 9 di settembre del 2017, dare inizio ai primi lavori di costruzione di un sogno che forse nel tempo potrà interamente concludersi.
La pandemia che ha colpito il mondo intero l’anno 2019, provocando importanti cambiamenti e condizionamenti, vietando ogni forma di contatto, limitandolo alle sole necessarie operatività di sopravvivenza, e vietati gli spostamenti nel territorio nazionale ed internazionale, ha segnato un inimmaginabile stravolgimento.
La speranza che dopo diversi mesi di forzata reclusione saremmo ritornati alla quotidianità vissuta fino al mese di febbraio non si è realizzata anche se, nella primavera avanzata, e nell’estate del 2020, si stava giungendo alla convinzione che il contagio fosse orientato verso una fase di miglioramento. Non era così! Infatti nei primi giorni dell’autunno le condizioni si erano nuovamente aggravate, e ancora una volta ci trovavamo privi della libertà negli spostamenti e nelle nostre attività quotidiane.
Nei primi giorni del mese di settembre del 2020, in grande misura per la generosità di un amico parroco della nostra Diocesi, da tempo a conoscenza dei nostri progetti in Kenya, unita alla generosa iniziativa di due coppie di sposi appartenenti alla stessa parrocchia, che avrebbero in quei giorni festeggiato l’anniversario dei loro matrimoni, informati del progetto di Bawa la Huruma, hanno scelto di trasformare in denaro i regali ricevuti per quella circostanza, devolvendo il raccolto alla organizzazione che da anni ci sostiene: Rock no War O.d.V.

Grazie a questi due importanti contributi è stato così possibile concretizzare questo sogno.

Tramite Fr Malasi, mio referente presso la Diocesi di Malindi, nonché alla disponibilità dell’impresa che ha sempre curato l’avanzamento dei lavori di costruzione, siamo ripartiti per dare avvio alla edificazione della terza casa, con l’impegno di ultimare i lavori entro la data del compleanno di mia moglie.
Il giorno 8 ottobre 2020, alcuni sacerdoti della Parrocchia di Malindi, guidati dallo stesso Fr Malasi, varcano il cancello di Bawa la Huruma per impartire la benedizione alla nuova costruzione che, in memoria di “MAMA MIMMA” così mia moglie Guglielmina era conosciuta dalla gente del posto, viene ricordata in una immagine stampata su una mattonella fatta giungere appositamente dall’Italia, per accogliere con il suo sorriso i futuri ospiti.
Buon compleanno, Angelo mio.
Ora il tuo sorriso potrà dare sollievo a chi alloggerà in queste case. Il tuo caloroso abbraccio riuscirà a portare gioia, speranza e serenità.
A conclusione di quella umile e semplice cerimonia, rimaneva la parte più importante da celebrare.
Per nostra convinzione, l’ispirazione di questa opera nasce durante la permanenza a Medugorje, in uno dei primi pellegrinaggi, che con costante frequenza, ci portavano in quel luogo dove la Madonna, dal lontano giugno 1981, ci invita alla preghiera e alla conversione.
Nel mese di giugno 2018, pochi mesi prima di partire per il Kenya per l’ultimo viaggio che ci vedrà insieme, avevamo acquistato la statua della nostra Mamma Celeste, benedetta al termine della cerimonia di congedo prima del nostro rientro a casa, per portarla a Malindi e collocarla all’interno del costruendo villaggio.
Giunti in Kenya, dalle nostre mani veniva trasferita e consegnata al Vicario della Diocesi affinché, alla ripresa dei lavori, potesse essere collocata in una piccola nicchia per onorare la nostra Santa Madre, e invocare la Sua protezione.
Quella stessa mattina anche la nostra Mamma Celeste, a conclusione di quella semplice cerimonia, aveva ricevuto la benedizione dei celebranti, ma soprattutto, da quella piccola casetta, dove ora si trovava, estendeva il suo abbraccio a quello di Mama Mimma.
Oggi, senza la mia grande compagna, è tutto meno facile, ma il suo aiuto, anche se non più terreno, non mancherà. Lei mi darà la forza di proseguire.
Vivere insieme questa nostra vita è stato un grande privilegio.
Un particolare pensiero desidero rivolgere a tutti coloro che hanno creduto, e ancora vorranno sostenere il progetto in corso. Ringraziare il Signore per tutto ciò che ci ha donato, perché ci ha permesso di riempire i nostri cuori con l’immenso affetto, e i sorrisi ricevuti, che hanno sempre riempito i nostri cuori.

Questo è il più bel ricordo dei giorni da noi vissuti in Africa.
Grazie.
Grappi Mario
Serramazzoni 8 ottobre 2020

Dicembre 2017

 La realizzazione della seconda casa

Come da programma, alla fine del mese di dicembre 2017 i lavori della prima casa sono stati ultimati.
Il Vescovo di Malindi, Mons. Emanuel Barbàra, da poco rientrato da Malta, suo Paese di origine, dove si è recato per sottoporsi ad un intervento chirurgico, appresa la notizia, desidera recarsi sul posto per prendere visione dell’opera e per impartire la Sua benedizione. Nei primi giorni del successivo mese di gennaio Mons. Barbàra ritorna alla Casa del Signore. Ora si apre un tempo nuovo.
Dopo le esequie, alle quali non possiamo mancare, prendiamo contatto con le autorità che, fino alla nomina di un successore, avranno il peso e l’incarico di proseguire i programmi del Defunto Vescovo.
Il progetto Bawa la Huruma deve proseguire. Il desiderio di garantire assistenza alle ospiti del Pope Francis Home, prima di riprendere il loro cammino autonomo, sarà realizzato anche con la permanenza temporanea in questa struttura. Questo è stato l’impegno preso con il Vescovo che fortemente intendiamo mantenere e garantire.
Proseguendo i lavori del villaggio, nel mese di febbraio 2018 iniziano gli scavi delle fosse biologiche. Le suddette sono realizzate per essere già in grado di servire tutte le otto casette, quando anche le rimanenti saranno costruite.
Nel maggio successivo mi reco nuovamente a Malindi per dare il via ai lavori della seconda casa, che iniziano nei primi giorni di giugno e troveranno conclusione entro la prima quindicina del prossimo mese di agosto.
A tutt’oggi il cantiere è in avanzato stato di esecuzione rispettando pienamente il programma concordato.
Le risorse economiche, purtroppo, sono terminate e, salvo qualche particolare avvenimento, il villaggio di Bawa la Huruma dovrà accontentarsi delle sole due unità, ma ringraziando tutti coloro che ci hanno creduto, riteniamo un grande traguardo quello raggiunto.
Per questo motivo ci sentiamo in dovere di esternare la nostra riconoscenza a tutti coloro che hanno voluto offrire il proprio contributo e, allo scopo di documentare l’opera eseguita uniamo a questo breve racconto alcune immagini.
Ricordiamo che chi desiderasse favorire il prosieguo dei lavori secondo il programma prestabilito, potrà indirizzare il proprio contributo all’associazione ROCK NO WAR ONLUS di Formigine (MO) www.rocknowar.it.
All’indirizzo http://www.rocknowar.it/progetti-rnw/123-kenya/rescue-center-for-abused-children.html sono esposti i programmi della Diocesi di Malindi.
Presso la Banca Interprovinciale di Formigine è stato aperto un c/c intestato a “progetto Kenya”, il cui IBAN è il seguente: IT76R0339566780CC0020006319.
A chiunque, privato o impresa, desideri offrire il proprio sostegno per questa iniziativa, specificando il proprio Cognome, Nome, indirizzo e Codice Fiscale, o Partita IVA, verrà rilasciata regolare ricevuta, fiscalmente detraibile dalla propria dichiarazione dei redditi, nella misura del 26% dell’importo donato.

Grazie.
Grappi Mario e Bellelli Guglielmina
Modena 18 luglio 2018

Dicembre 2017

La realizzazione della prima casa

Tornare in Italia con l’immagine ancora viva del complesso realizzato, quasi ci lasciava increduli. Gli sforzi e la generosità di coloro che avevano saputo comprendere l’importanza di questo progetto, si erano concretizzati.
Affrontare il passo successivo, pensiamo, sarà sicuramente difficile, soprattutto per le difficoltà che stiamo vivendo anche nel nostro Paese, ma tuttavia proseguiamo decisi nel nostro intento.

Riprendiamo i programmi già previsti, come:
– l’esposizione del progetto durante le messe nella Abbazia Benedettina di S. Pietro a Modena e in occasione della sagra di Selva di Serramazzoni;
– una lotteria, con premi raccolti per l’occasione, in una bocciofila di Modena aperta a queste iniziative;
– un concerto della Corale Puccini di Sassuolo a Serramazzoni, offerto gratuitamente per la nostra iniziativa e patrocinato dall’Associazione Serra per il mondo e dal Comune di Serramazzoni;
– un mercatino nella manifestazione “Pachamana” di Parma, con proposte di articoli di vero artigianato africano portati dal Kenya;
– partecipazione alla festa degli Alpini di Serramazzoni in occasione dell’inaugurazione del nuovo monumento a loro intitolato;
– organizzazione di un pranzo presso l’Oasi Francescana di Serramazzoni, per gentile concessione delle Suore ed in sintonia con la stessa Parrocchia.

Non possiamo poi dimenticare la sensibilità di qualche persona, amici e conoscenti che, dando fiducia a questa iniziativa, hanno contribuito con donazioni anche tramite ROCK NO WAR ONLUS, l’associazione che ha sede a Formigine di Modena e che da anni è aperta a progetti ed importanti iniziative a vario titolo, che ha inserito anche questi nostri progetti per il Kenya e ci sostiene.

Inaspettatamente, un giorno di aprile arriva una telefonata da RocK no War Onlus che ci invita a presentare il fascicolo contenente la documentazione fin qui raccolta relativa al progetto di Bawa la Huruma perché pare che ci sia qualcuno disposto ad analizzarla e valutarla.

”Non illudetevi, ma proviamo a presentarlo”.

Un giorno del mese di maggio riceviamo la telefonata degli interessati per avvertirci: ”Vorremmo discutere con voi il contenuto del fascicolo che ci avete fatto pervenire tramite Rock no war”.
Fissiamo un incontro e, con immensa soddisfazione ci viene comunicato che il nostro progetto viene accolto e sostenuto. ”Verrà accreditato un certo importo all’Associazione Rock no War destinato alla realizzazione di quanto state cercando di realizzare e, al rientro dal vostro prossimo viaggio vorremmo prendere visione di quanto è stato fatto”.

In quel momento abbiamo capito che Qualcuno ci sta davvero aiutando e, con questa consapevolezza, nel mese di ottobre di questo anno 2017 siamo ripartiti alla volta di Malindi.
Trovato l’alloggio, che naturalmente rimane completamente a carico nostro personale, come anche tutte le spese di viaggio e del vivere quotidiano, abbiamo iniziato la ricerca di personale qualificato che potesse esaminare il nostro progetto e consigliarci in merito alle pratiche e la documentazione necessaria per dare esecuzione ai lavori.
Avvalendoci della collaborazione di un ingegnere locale, in possesso di tutti i requisiti necessari per assumersi questo incarico, abbiamo abbozzato il disegno di una casa. Valutato che le dimensioni stimate nel progetto iniziale non fossero sufficienti per dare una confortevole abitazione a chi potrà insediarsi, si è giunti alla decisione di modificarle portandole dal mt 5,00 x 6,00 = 30 mq, agli attuali mt 6,00 x 8,00 = 48 mq.

Esigenze tecniche, e di contenimento spese, consigliano di predisporre la planimetria complessiva del progetto con l’evidenza di tutte le possibili abitazioni. Viene così disegnata la pianta dell’intero sito dove sono previste le costruzioni di 8 abitazioni.
Individuata l’impresa con le caratteristiche per la esecuzione dei lavori, valutato il preventivo dei costi da sostenere, ci accordiamo e il 9 novembre diamo inizio ai lavori di costruzione di una prima casa da ultimarsi entro il 31-12-2017.

Lo scopo iniziale pensato per la destinazione di queste abitazioni, a seguito di approfondite e condivise considerazioni con il Vescovo Mons. Barbàra, viene modificato. Inizialmente era prevista l’accoglienza di qualche famiglia particolarmente bisognosa attraverso una ricerca affidata alla Diocesi.
Tenuto conto che alla fine di questo anno 2017 alcune delle ragazze madri, violentate o abusate, accolte nella struttura del Pope Francis Home, dove personale specializzato le ha accompagnate per un intero anno, dovranno lasciare la struttura insieme al loro figlio/figlia, per non riportarle immediatamente nella famiglia che a volte è stata proprio il luogo dove si è perpetrata la violenza, si è deciso di accoglierle nella struttura di Bawa la Huruma che, ricordando la traduzione in italiano, significa L’ALA DELLA MISERICORDIA.
Coerentemente all’insegnamento del Vangelo, non abbiamo avuto alcun dubbio sulla modifica della destinazione d’uso di questa struttura.

Un grazie viene rivolto a tutti coloro che potranno o vorranno indirizzare all’associazione ROCK NO WAR ONLUS di Formigine (MO) www.rocknowar.it, che da molti anni raccoglie fondi a sostegno di importanti opere in diverse parti del mondo, nel cui sito internet ha accolto anche il progetto “Kenya”: http://www.rocknowar.it/progetti-rnw/123-kenya/rescue-center-for-abused-children.html atto a diffondere lo scopo della realizzazione dei programmi della Diocesi di Malindi, e che ha deciso di sostenerci anche per questa iniziativa accendendo, presso la Banca Interprovinciale di Formigine un c/c intestato a “progetto Kenya”, il cui IBAN è il seguente: IT76R0339566780CC0020006319.
A chiunque, privato o impresa, desiderasse offrire il proprio sostegno per questa iniziativa, inviando il proprio contributo indicando Cognome, Nome, indirizzo e Codice Fiscale, o Partita IVA, verrà rilasciata regolare ricevuta, fiscalmente detraibile dalla propria dichiarazione dei redditi, nella misura del 26% dell’importo donato.

Grazie.
Grappi Mario e Bellelli
Guglielmina Malindi 22 novembre 2017

Dicembre 2017

L’acquisto di un nuovo terreno e la realizzazione della sua recinzione

Al nostro rientro, ormai prossimi al Natale 2016, riprendiamo l’attività di raccolta fondi e tra un mercatino ed una lotteria, la raccolta in qualche parrocchia e qualche persona sensibile, riusciamo a mettere insieme una modesta somma di denaro, tale da farci sperare di poter fare ulteriori passi in avanti.

Infatti, nel periodo di permanenza del nostro precedente viaggio, recandoci sul posto in cui si sarebbe sviluppato il progetto, si era giunti alla decisione di esaminare la possibilità di permutare questo lotto di terra con un altro che potesse ampliarsi di pari misura, così da consentire la costruzione di alcune casette perché in quello già acquistato avremmo dovuto sacrificare alcune bellissime piante di mango, banana, lime e aranci.

Nel mese di marzo 2017 ritorniamo a Malndi con la speranza di riuscire a concretizzare il nostro intento.

Senza difficoltà il proprietario, informato di quanto pensiamo di fare, accetta la proposta e ci mostra due lotti uniti, delle dimensioni adatte alla nostra esigenza e con lui definiamo l’accordo.

Da questo momento siamo in grado di metterci alla ricerca di una impresa per valutare la possibilità di dare inizio ai lavori.

Con l’aiuto di amici del posto riusciamo ad avere un importante contatto con una impresa con la quale raggiungiamo in breve tempo un accordo.

La mattina del giorno 6 marzo una squadra di 30 persone si presenta sul posto per iniziare i lavori di scavo delle fondamenta del muro di recinzione. E’ per loro una opportunità di lavoro che non vogliono lasciarsi sfuggire.

Uomini e donne, armati di vanga e piccone, sotto un sole cocente, iniziano lo scavo a mano.

Il responsabile del cantiere, utilizzando il gesso bianco, suddivide l’intera metratura in tanti tratti di 4 mt. ciascuno; li assegnata ad ogni persona/coppia (se marito e moglie), e loro iniziano lo scavo.

A fine giornata l’intero perimetro è completato.

Dal giorno successivo si procede con:
– l’organizzazione della fornituradell’acqua (non presente sul posto e portata da 4 donne appositamente assunte che, con taniche da lt 25 ciascuna, provvedono continuamente ad alimentare il cantiere);
– l’approvvigionamento dei materiali: sabbia, cemento, Kokoto (ovvero cocci di roccia di corallo spezzati a mano necessari per creare la base delle fondamenta);
– preparazione dell’impasto di bitume per le fondamenta e la successiva posa dei blocchi di materiale pietroso fino al raggiungimento dell’altezza stabilita;
– l’alloggiamento di un cancello a doppia apertura, per chiudere l’opera fin qui eseguita.

Il giorno 26 dello stesso mese di marzo i lavori sono ultimati.

Il muro è terminato, il cancello è stato montato e chiuso e, una foto di gruppo viene fatta a ricordo di queste brave persone che con tanta buona volontà hanno saputo dare vita al primo importante passo nella storia del villaggio di Bawa la Huruma.

Il giorno 28 marzo Mons. Barbàra Emanuel, Vescovo di Malindi, con sua grande ammirazione e soddisfazione nel vedere l’opera così completata, concede la sua benedizione e si congratula per ciò che, in un tempo così breve, è stato possibile realizzare.

Grazie.
Grappi Mario e Bellelli
Guglielmina Malindi 29 marzo 2017

KIJIWETANGA MAKTOSHA

è una località che si trova in Africa, nel Kenya, a pochi chilometri dalla città di Malindi.
In un territorio dove a causa della scarsità di acqua dolce, necessaria per irrigare, la terra fatica ad offrire risorse a coloro che si impegnano nella coltivazione del mais e degli alberi da frutta, in particolare del mango, albero bisognoso di acqua.
Non esistono industrie, e la fonte di sostentamento è rappresentata esclusivamente dal commercio, dall’artigianato e dalla accoglienza turistica.

La peste di Ebola, mai riscontrata in questa parte di Africa, ha cancellato il turismo e, gli episodi di violenza perpetrati negli anni 2013 e 2014 nelle città di Nairobi, Garissa, Mandera e Peketoni, hanno ancor più ridotta la presenza di stranieri, lasciando in grave difficoltà la popolazione di quelle località turistiche affacciate sull’Oceano Indiano.

Per aiutare qualche famiglia che versa in particolare stato di disagio, oltre che ad offrire un sostegno diretto attraverso la consegna di cibo come: farina, riso, fagioli, zucchero ecc., acquistato sul posto, consegniamo regolarmente capi di abbigliamento portati direttamente dall’Italia, distribuiti personalmente in remoti villaggi della savana, grazie alla collaborazione di Fr. Malasi Bernard, sacerdote Cattolico Cristiano della Diocesi di Malindi.
Colpiti da queste realtà, così diverse da ciò che il nostro mondo occidentale offre, ci siamo aperti ad una riflessione.

Nel 2013 avevamo iniziato un percorso di collaborazione con il Vescovo Mons. Barbàra Emanuel che, grazie ad un lascito di un terreno ricevuto da parte di una famiglia italiana che intendeva trasferirsi da Kibokoni, immediata periferia di Malindi, si era proposto di realizzare un villaggio di accoglienza per minori abusati, ragazze incinta e ragazze madri.
Quel villaggio, per merito di tante donazioni ricevute, è stato realizzato. Porta il nome di “POPE FRANCIS HOME” perché lo stesso Papa Francesco, informato di questo programma di lavoro, ha autorizzato l’uso del Suo nome e benedetto questa iniziativa.
Sulle orme di questo esempio, considerate le grandi difficoltà che non poche famiglie si trovano ad affrontare per potersi pagare anche un misero alloggio, rafforzata dalle reali gravi condizioni di persone conosciute nella stessa periferia della città, ha incominciato a prendere consistenza l’idea di poter offrire un tetto a chi non è in grado di poterselo permettere senza essere soffocato dalla miseria.

Le parole di Papa Francesco, che ha voluto intitolare l’anno 2016 “anno della misericordia”, hanno acceso la scintilla di un nuovo progetto: BAWA LA HURUMA che, come già specificato, significa L’ALA DELLA MISERICORDIA.
Il progetto considera la costruzione di due ordini di casette di tipo “a schiera”, con una superficie di circa mq. 30 ciascuna, composte da una parte giorno, una parte notte ed un bagno.
Verranno posate su una piattaforma rialzata per superare le difficoltà dei periodi delle piogge, e realizzate “a specchio” per consentire di ottimizzare la distribuzione della rete idrica, elettrica, ed anche quella delle acque nere.

La successione dei lavori, fondi permettendo, si svolgerà con:
la realizzazione di un muro di cinta, e relativo cancello per l’accesso;
lo studio in loco per il posizionamento delle piattaforme del basamento;
lo studio in loco per l’identificazione più adatta allo scavo per la raccolta delle acque nere;
la valutazione delle opere murarie delle casette.

La selezione delle famiglie che verranno accolte nella struttura, una volta ultimata, sarà a cura solo ed esclusivamente dei rappresentanti della Diocesi, in particolare, per conto del Vescovo Mons. Barbàra, da Fr. Malasi Bernard, attuale direttore del Pope Francis Home e comunque da persone sicuramente capaci e in grado di svolgere questo delicato incarico.
Le risorse esistenti al momento sono ancora poche, ma confidiamo nella generosità di chi leggerà questo breve racconto e che potrà trovare maggiori e più dettagliate informazioni sul sito internet: www.rocknowar.it.

ROCK NO WAR è una associazione Onlus con sede in Formigine (MO) che da anni opera a favore di importanti progetti nel mondo. In Kenya ha partecipato alla realizzazione del villaggio “POPE FRANCIS HOME” di Malindi, struttura realizzata per l’accoglienza e l’assistenza di bimbi e bimbe abusati, ragazze incinta e ragazze madri.

Per ulteriori e più dettagliate informazioni in merito al progetto, è possibile contattare i referenti: Grappi Mario – cell. 335 6747287 e Bellelli Guglielmina – cell. 347 9456874

Infatti, nel periodo di permanenza del nostro precedente viaggio, recandoci sul posto in cui si sarebbe sviluppato il progetto, si era giunti alla decisione di esaminare la possibilità di permutare questo lotto di terra con un altro che potesse ampliarsi di pari misura, così da consentire la costruzione di alcune casette perché in quello già acquistato avremmo dovuto sacrificare alcune bellissime piante di mango, banana, lime e aranci.

Nel mese di marzo 2017 ritorniamo a Malndi con la speranza di riuscire a concretizzare il nostro intento.

Senza difficoltà il proprietario, informato di quanto pensiamo di fare, accetta la proposta e ci mostra due lotti uniti, delle dimensioni adatte alla nostra esigenza e con lui definiamo l’accordo.

Da questo momento siamo in grado di metterci alla ricerca di una impresa per valutare la possibilità di dare inizio ai lavori.

Con l’aiuto di amici del posto riusciamo ad avere un importante contatto con una impresa con la quale raggiungiamo in breve tempo un accordo.

La mattina del giorno 6 marzo una squadra di 30 persone si presenta sul posto per iniziare i lavori di scavo delle fondamenta del muro di recinzione. E’ per loro una opportunità di lavoro che non vogliono lasciarsi sfuggire.

Uomini e donne, armati di vanga e piccone, sotto un sole cocente, iniziano lo scavo a mano.

Il responsabile del cantiere, utilizzando il gesso bianco, suddivide l’intera metratura in tanti tratti di 4 mt. ciascuno; li assegnata ad ogni persona/coppia (se marito e moglie), e loro iniziano lo scavo.

A fine giornata l’intero perimetro è completato.

Dal giorno successivo si procede con:
– l’organizzazione della fornituradell’acqua (non presente sul posto e portata da 4 donne appositamente assunte che, con taniche da lt 25 ciascuna, provvedono continuamente ad alimentare il cantiere);
– l’approvvigionamento dei materiali: sabbia, cemento, Kokoto (ovvero cocci di roccia di corallo spezzati a mano necessari per creare la base delle fondamenta);
– preparazione dell’impasto di bitume per le fondamenta e la successiva posa dei blocchi di materiale pietroso fino al raggiungimento dell’altezza stabilita;
– l’alloggiamento di un cancello a doppia apertura, per chiudere l’opera fin qui eseguita.

Il giorno 26 dello stesso mese di marzo i lavori sono ultimati.

Il muro è terminato, il cancello è stato montato e chiuso e, una foto di gruppo viene fatta a ricordo di queste brave persone che con tanta buona volontà hanno saputo dare vita al primo importante passo nella storia del villaggio di Bawa la Huruma.

Il giorno 28 marzo Mons. Barbàra Emanuel, Vescovo di Malindi, con sua grande ammirazione e soddisfazione nel vedere l’opera così completata, concede la sua benedizione e si congratula per ciò che, in un tempo così breve, è stato possibile realizzare.

Grazie.
Grappi Mario e Bellelli
Guglielmina Malindi 29 marzo 2017